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Il sistema integrato aeroportuale di Catania e Comiso. Dialogo sullo sviluppo della Sicilia Orientale

28 Marzo 2014

Si è svolto stasera a Catania, al centro fieristico de Le Ciminiere, il dibattito pubblico "Il sistema integrato aeroportuale di Catania e Comiso. Dialogo sullo sviluppo della Sicilia Orientale", nell'ambito della rassegna "L'Isola che decolla" organizzata dalla Sac, la società di gestione dello scalo etneo, una rassegna che vuole essere modello di sviluppo virtuoso e un luogo di confronto fra idee e visioni coordinato dal giornalista Salvo Fallica. 
Gaetano Mancini, amministratore delegato Sac, ha introdotto i lavori, spiegando subito la sua visione, incentrata sul «desiderio che l'aeroporto stabilisca delle relazioni con il territorio e le sue varie realtà, l'aeroporto di Catania che è la porta naturale per la Sicilia Orientale, anzi gli scali di Catania e Comiso sono le uniche porte della Sicilia, soprattutto in considerazione delle pessime condizioni della viabilità». 
  Quello di Catania è per inciso uno scalo che ha ottime percentuali di crescita, «sia rispetto agli scali nazionali in genere», ha evidenziato Mancini, «che rispetto a quelli comparabili. Certo, c'è oggi una caratterizzazione del traffico troppo spostata sul lato domestico e stiamo lavorando a rettificare questo dato. Insomma, la crescita dello scalo è senza dubbio ricchezza per il territorio e su questo bisogno insistere». Un esempio pratico? L'ad Sac è chiaro: «avere la Turkish Airlines a Catania significa avere in potenza tutte le destinazioni asiatiche, essendo lo scalo di Istanbul un hub fondamentale per inoltrarsi nel continente. Ma attenzione: l'aeroporto è una infrastruttura importantissima, ma da sola non serve a niente. Se il territorio non è attrattivo, tutto è inutile». Servono quindi scelte precise: risolvere il nodo di Bicocca, effettuare l'allungamento della pista, anzi il raddoppio della pista attuale, realizzare l'interconnessione con il porto e la ferrovia. «Abbiamo bisogno di una serie di scelte importanti», ha concluso Mancini, «sia nel campo delle infrastrutture che nelle politiche turistiche. Ma la vera rivoluzione per la Sicilia deve essere culturale. Basta con gli "stipendifici" nella logica del consenso elettorale. Solo così, risolvendo tale enorme problema che, ripeto, è culturale, l'Isola potrà uscire dalle "secche" in cui storicamente si trova. Abbiamo bisogno di fare crescere nel nostro territorio una coscienza generale che ci proietti in una dimensione europea oggi purtroppo ancora lontana, superando le divisioni». 
  Per Enzo Taverniti, amministratore delegato di Soaco e nel contempo presidente della Sac, «già tempo fa le due società di gestione hanno discusso di istituire un vero e proprio sistema integrato Catania-Comiso, che servirebbe a specializzare i due aeroporti: prevalenza di voli commerciali a Catania, prevalenza di voli turistici a Comiso. Tutto ciò è stato poi confermato dal Piano nazionale degli aeroporti presentato dal ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, al governo, piano nel quale si auspicano appunto sistemi integrati fra scali vicini, richiedendo una loro specializzazione e la possibilità di raggiungere il punto di pareggio in un triennio. È bene comunque chiarire che quando si parla di sistemi intergrati di infrastrutture, in genere si pensa agli aeroporti, ma in realtà ci si dovrebbe meglio riferire all'integrazione fra i territori. A tal proposito, il progetto di area vasta, partito dall'ex ministro Trigilia, ha trovato concreta attuazione nel Distretto del Sud Est recentemente proposto dal sindaco di Catania, Enzo Bianco, in accordo con i sindaci delle province di Siracusa e Ragusa. I due amministratori, io e Mancini, ci stiamo scommettendo per l'intermodalità dei due aeroporti, che prevede da un lato il collegamento dell'aeroporto di Catania con la ferrovia, che un giorno anche a queste latitudini dovrebbe essere ad alta velocità, dall'altro il collegamento dell'aeroporto di Comiso con la linea ferrata che al momento collega le province di Agrigento e Caltanissetta con il Ragusano e il Catania». 
  Stefano Baronci, segretario generale di Assaeroporti, ha dal canto suo puntato sulla «necessità di compiere scelte coraggiose in campo aeroportuale, perché una opzione è quella di un declino lento e inesorabile e l'altra è scegliere di essere competitivi. Abbiamo risultati che dimostrano come il traffico aereo in Italia stia timidamente riprendendo quota. Ma, nelle difficoltà generali del periodo, Fontanarossa sta dimostrando belle capacità di crescita. Certo, Catania deve tenere conto di quel che fa il governo centrale. Con il Piano nazionale degli aeroporti il rischio è di un progetto che nasce già vecchio. Il governo deve capire che il Sud più che il Nord ha bisogno di infrastrutture. Come associazione ci attendiamo che il governo sia in grado di articolare proposte che esaltino le caratteristiche dei territori». 
  L'economista d'impresa Francesco Garraffo ha approfondito il ruolo di moltiplicatore di ricchezza che un aeroporto ha nel territorio. «Serve un processo di sviluppo congiunto fra aeroporto e territorio. Non bisogna comunque dimenticare come l'aeroporto sia pur sempre un'impresa». Di norma, su base 100, le imprese riversano sul territorio dal 30 al 70%. Per un aeroporto, sempre su base 100, l'impatto sul territorio è del 1.100-2.200%. «Ciò accade per diverse ragioni», ha spiegato Garraffo, «prima di tutte quella che un aeroporto fa arrivare gente, gente che spende, inoltre un aeroporto ha un universo di relazioni che generano attività economiche». 
  Le conclusioni sono state affidate a Giuseppe Castiglione, sottosegretario di Stato alle Politiche agricole, che ha tenuto a ricordare come «già 3 anni fa, da presidente della Provincia regionale di Catania, investii molto sulla mobilità, tanto da varare appunto il Piano urbano della mobilità, che riguardava tutta la Sicilia sudorientale. Il piano strategico ideato contemplava anche gli scali di Catania e Comiso, addirittura pensavo di comprendere l'aeroporto di Reggio Calabria». Castiglione ha altresì evidenziato anche l'importanza degli approdi marittimi: «le opere infrastrutturali necessarie a un vero disegno di sviluppo della Sicilia dell'Est non possono prescindere dai porti di Catania e Augusta. Serve allora aderire alla programmazione comunitaria e far divenire strategica l'area vasta che ha il suo cuore pulsante negli aeroporti e nei porti». Castiglione ha poi concluso spiegando di considerare la Sicilia Orientale «una grande area culturale che va da Taormina a Siracusa, come pure è una grande area industriale da Milazzo a Priolo. L'area di sviluppo industriale di Catania è una delle più importati d'Italia, i distretti produttivi sono attivi, serve ora costruire loro attorno infrastrutture adeguate per le sfide del futuro».